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sabato 7 marzo 2009

Watchmen

di Zack Snyder (2009 - Durata 163')

Who watches (the) Watchmen?
Chi lo guarda questo Watchmen? Un popolo diviso in due, tra chi ha letto il fumetto originale e chi non l'ha letto. Chi non l'ha letto rischia di trovare soddisfazione in questa versione cinematografica curata da Zach Snyder (regista dell'inverecondo "300"), a patto che nel cinema ricerchi principalmente effetti fracassoni, espressioni cool, qualche tetta (o cazzo azzurro) al vento e un po' di sana violenza. Assuefatti dall'eccitazione visiva si possono infatti trascurare i tratti ignoranti della sceneggiatura, i concetti solo abbozzati e i personaggi poco sfaccettati. Non è sicuramente un grande film, ed è pure un po' lungo, ma può piacere. A chi ha letto il fumetto basti sapere che l'autore Alan Moore non appare nei titoli di coda, mentre l'illustratore Dave Gibbons si: i momenti di entusiasmo estetico non mancano, ma sono laceranti le dolorose storpiature apportate ad un oggetto di culto meticolosamente sofisticato. La trasposizione pornografica di un capolavoro. Voto 5

mercoledì 17 settembre 2008

E Venne Il Giorno

di M. Night Shyamalan (2008 - Durata 91')

La fine del mondo è vicina.
L'ordine naturale della cose prevedeva che Shyamalan, svanito l'effetto sorpresa dei primi lavori e naufragato miseramente con la sua Lady In The Water, si perdesse definitivamente nell'oceano delle buone intenzioni. Ma ogni tanto la vita ci sorprende e il fluire delle nostre piccole esistenze viene stravolto da eventi che non siamo in grado di comprendere. "The Happening" sancisce l'imprevedibile ritorno di M. Night, ingegnoso a costruire sul nulla un Catastrophic Movie pervaso delle sue ossessioni e del suo talento. Protagonisti e spettatori sono invischiati in un'escalation di avvenimenti da cui non possono sfuggire, se non aspettando semplicemente che si esauriscano. Mentre i personaggi, decimati da decessi visionari, si sprecano in allarmismi terroristici, improbabili ipotesi di fuga e dialoghi di surreale idiozia, il regista indo-americano mette a nudo l'umana debolezza e infonde nello spettatore una tensione crescente che svela nei suoi sussulti la sapienza del marchingegno realizzativo. Shyamalan sarà pure un po' pasticcione, ma da sopravvalutato è diventato sottovalutato troppo in fretta. Macabramente ludico. Voto 7

martedì 2 settembre 2008

Eldorado Road

di Bouli Lanners (2008 - Durata 85')

Un fallito e un disadattato in viaggio attraverso il Belgio.

"L'idea per il film nasce da un fatto realmente accaduto: una notte sono tornato a casa e ho trovato due ladri. Uno era nascosto sotto il mio letto, l'altro sotto la scrivania!". Trasfigurando questo aneddoto, Bouli Lanners crea l'assunto di "Eldorado", road-movie dall'animo malinconico, pervaso di atmosfere grottesche. Yven, un irascibile commerciante d'auto d'epoca, sorprende il giovane Elie, un fifone eroinomane, mentre tenta di svaligiargli la casa. Dopo l'ovvia tensione iniziale, tra i due si crea una singolare empatia che culmina in un improbabile viaggio verso i confini del Belgio, nel vano(?) tentativo di sfuggire dalla solitudine e riscattare le loro dolorose esistenze. Fedele alla tradizione del genere, l'autore conduce i protagonisti tra situazioni surreali (geniale l'entrata in scena di "Alain Delon"), drammatiche e divertenti, mentre dal finestrino scorrono paesaggi desola(n)ti e paesini isola(n)ti. Alternando umorismo e rassegnazione, il regista disegna una storia piccola e semplice con pennellate decise e consapevoli, evitando lagnose lungaggini ed esibendo il suo talento espressivo anche attraverso la coinvolgente colonna sonora e la seducente fotografia, illuminata da colori antichi. Un viaggio strano e indimenticabile. Voto 8

sabato 17 maggio 2008

Il Treno Per Il Darjeeling

di Wes Anderson (2008 - Durata 91')

Le Avventure Indiane dei Fratelli Whitman.
La leggerezza di Un Colpo Da Dilettanti, lo spirito reazionario di Rushmore, la familiarità dei Tenenbaum e la vivacità di Steve Zissou.
"Il Treno Per Il Darjeeling" trasporta valigie del passato ma è concettualmente proiettato nel futuro. Ogni suo coloratissimo vagone contiene una storia, ogni storia ne contiene altre. Ricordi, allusioni e divagazioni diventano la materia di una (pseudo)narrazione che procede per accumulazione. Il quinto film del geniale Wes Anderson è una sinfonia di ambienti, volti, oggetti e idee: una matassa di fili che si intrecciano, si ingarbugliano e si perdono, ma sono tutti indispensabili per confezionare la preziosa trama, ricamata con accurata imperfezione. Uno stralunato viaggio di scoperta, fisica e spirituale, che conduce i personaggi tra luoghi (ir)reali e situazioni (sur)reali, costringendoli a comprendere la drammaticità del cambiamento e a liberarsi dei bagagli superflui di un vissuto doloroso. Solo così si può ritrovare sè stessi e adeguarsi alla stimolante transitorietà dell'esistenza. Divertente, ma dolente, frivolo, ma profondo, spontaneo, ma sofisticato: "Il Treno Per Il Darjeeling" è un'esperienza da vivere e rivivere, ammirandone l'impeccabile forma e arricchendosi della sua illuminante sostanza. (H)indie pop (R)evolution. Voto 9


sabato 12 aprile 2008

Juno

di Jason Reitman (2008 - Durata 92')

Il film sulla ragazzina che rimane incinta.
Trionfatore alla Festa del Cinema di Roma e involontario vettore di proclami politici antiabortisti, "Juno" è più semplicemente una piccola storia d'amore. La giovane protagonista e il suo impacciato fidanzatino, ammaliati da una sincera attrazione, concepiscono il loro amore e affrontano con compassionevole innocenza i disagi della gravidanza, proteggendo da ogni pregiudizio la libertà delle loro scelte. Juno, adolescente caparbia e irriverente, sottolinea con la sua dolente ironia le contraddizioni di una società incoerente, divisa tra comprensione e preconcetto, ambizione e frustrazione, responsabilità e immaturità. Un film frizzante e intelligente che sorprende per la bravura dei suoi interpreti e per la brillantezza della scrittura (della bloggista Diablo Cody), oltre a confermare il talento di Jason Reitman, abile compositore di suggestioni Indie Pop, dall'eccentrica familiarità di Wes Anderson all'ingarbugliato battibeccare delle Gilmore Girls, dalla malinconica vitalità dei Belle & Sebastien alla vivacità estetica del gusto alternativo. Un grazioso frugoletto. Voto 7,5

lunedì 7 aprile 2008

Un Bacio Romantico

di Wong Kar-Wai (2008 - Durata 111')

Una giovane donna cerca di ricomporre il suo cuore spezzato con viaggi, incontri e torte di mirtilli.
Sedato, sedotto o seducente? Difficile definire l'operato di Wong Kar-Wai che, affascinato da suggestioni hollywoodiane, abbandona l'implicito per affidarsi all'esplicito. Fedele alla sua libertà espressiva, ma non pienamente alla sua genuina sensibilità, il regista cinese trascura la fase del corteggiamento e si dedica alla seduzione, estetica ed emotiva, folgorando con soluzioni visive straordinarie, ma deludendo con dinamiche sentimentali ordinarie. "My Blueberry Nights" tende all'universalità limitando la spontaneità, sostituisce la didascalia alla poesia, condensa la sostanza nella forma e disperde distrattamente il suo potenziale. Se prologo ed epilogo convincono per intima dolcezza, il cuore on the road della pellicola pecca di superficialità, alimentato da figure sottili ipoteticamente attraenti a cui non viene concesso il tempo di espandersi: personaggi (volutamente?) intangibili che si sforzano di essere tangibili ostentando i propri gesti concreti, tramutando oggetti in ricordi e trattando i ricordi come oggetti. Il coinvolgimento di "Un Bacio Romantico" appare programmatico e la mirabile dimostrazione di talento (del regista, degli attori, del direttore della fotografia) trasmette raramente pura emozione. Una melodrammatica natura morta. Voto 5,5


venerdì 7 marzo 2008

Non E' Un Paese Per Vecchi

di Ethan e Joel Coen (2008 - Durata 122')

Il Buono, L'Umano e il Cattivo.
C'è il Buono, lo Sceriffo Bell, che si prodiga a preservare la vita in un mondo ormai inaridito, c'è l'Umano, Llewelyn Moss, che si lascia sedurre del male e quando comprende il suo peccato originale non può più sfuggire dalla sua dannazione, e c'è il Cattivo, il Killer Chigurh, che rinuncia alla sua umanità per dedicarsi allo sterminio del "bestiame". La dualità tra bene e male si manifesta nella (tele)visione dell'ultima opera dei Coen e riflette la disperata lotta per la sopravvivenza della malcapitata umanità, divisa tra una sfuggevole morale di giustizia e l'attraente consuetudine dell'ingiustizia. "No Country For Old Men" è una landa desertica sulla quale si dimenano creature svilite braccate dallo spietato fantasma della morte, la rassegnata descrizione della normalità e la sua banale discesa verso il male. Una malattia incurabile che intacca ogni tessuto e genera un'inarrestabile spirale di violenza, fisica e morale, che non concede redenzione. Un film condivisibile nella teoria e magistrale nella forma, che merita ampiamente ogni riconoscimento ricevuto. Pessimisticamente perfetto. Voto 8,5

venerdì 22 febbraio 2008

Il Petroliere

di Paul Thomas Anderson (2008 - Durata 158')

Un vampiro insaziabile assettato di sangue nero.

Partorito da una terra ostile, ricoperto di fangosa placenta, Daniel Plainview è una creatura famelica che succhia avidamente il seno della propria madre. L'unico scopo della sua esistenza è soddisfare un malsano istinto di possesso, incurante di come possa corrompere il suo fisico e il suo animo. Plainview è un essere disprezzabile, ma non è un caso così isolato. Tutti conoscono la fame e l'appagamento animalesco nel soddisfarla. "There Will Be Blood" è la truce esasperazione di questo concetto, una feroce metafora del capitalismo, che annichilisce con la sua attraente prepotenza ogni accenno di civiltà. Faticoso da assimilare come una terribile rivelazione, l'opera di P. T. Anderson è una maestosa eruzione di liquido nero che esauritasi lascia spazio al drenaggio. Il valore della sostanza è notevole per essere sprecato in zampilli e se l'immediata fascinazione per gli esibizionismi registici e recitativi rischia di stancare, ci pensano le ingegnose tubazioni sotterranee a prolungare il sostentamento. Storditi da un comparto sonoro eccezionale e persuasi da una rara magnificenza visiva, ci si lascia abbindolare dagli sproloqui del malefico vampiro, pur essendo consapevoli che alla fine ci sarà del sangue. Una questione di drenaggio. Voto 8,5

venerdì 15 febbraio 2008

La Famiglia Savage

di Tamara Jenkins (2007 - Durata 113')

Un fratello e una sorella accudiscono il padre malato.

Parenti perdenti, divisi da pareri differenti, che tra lamenti e ammiccamenti, esprimono i loro turbamenti. Pellicola naturalistica e garbata, sul piano artistico un po' datata, ma indubbiamente ben recitata. Questa tipica nenia da Sundance Film Festival ben si adatta a "La Famiglia Savage", dignitoso esempio di cinema indipendente che si apprezza più per l'impegno che per il talento. Tamara Jenkins realizza sapientemente un prodotto moderatamente sofisticato, moderatamente riflessivo, moderatamente emozionante, moderatamente divertente: un film volutamente mediocre che si scopre essere mediocre. Lamento piccolo-borghese. Voto 5


martedì 5 febbraio 2008

Into the Wild

di Sean Penn (2007 - Durata 148')

Il viaggio estremo di Alexander Supertramp.
"Into the Wild" è la vitale descrizione di un personaggio estremo, realizzata da un personaggio estremo. Anestetizzato dal materialismo della società del consumo, il giovane Christopher McCandless abbandona affetti e averi per avventurarsi nelle terre selvagge e risvegliare la parte più istintiva e spirituale di sé. Inizia così il percorso formativo di Alexander Supertramp, creatura auto-concepita che cerca con determinazione di ricongiungersi con la sua vera madre, la natura. Terreno fertile per Sean Penn, che sfrutta il singolare soggetto per esprimere tutto il suo vigoroso talento, fatto di contemplazioni appassionate, visioni violente ed emozioni viscerali. Esageratamente coinvolto dallo spirito di auto-affermazione, l'autore pecca di prolissità, carenza di rigore formale ed eccessi didascalici, ma è un prezzo che si paga volontieri per assistere ad un'opera così libera e liberatoria. Da vivere, più che da condividere. Voto 7,5

lunedì 28 gennaio 2008

Harry a Pezzi

di Woody Allen (1997 - Durata 96')

Sarcasmo e Orgasmo.

Sfrontato e irriverente, "Deconstructing Harry" è un elogio alla fantasia masturbatoria. Woody Allen crea una versione camuffata di sé, si concentra sulle proprie perversioni e abbandona ogni freno inibitorio per soddisfare i suoi desideri fisici, creativi e intellettuali. Egocentrico ed erotomane, Harry Block è uno scrittore in crisi che si divincola goffamente tra lavoro, analisti, ex-mogli e amanti, cercando vanamente di riordinare il caos della sua esistenza. Gli evidenti compiacimenti autoreferenziali sono le fondamenta di un film sorretto dalla genialità del suo autore, abile a comporre un ingarbugliato mosaico di godibili frammenti narrativi, irresistibili dialoghi e sagaci reprimende sociali. Non sfuggono dalla logica di frantumazione il montaggio e il registro stilistico, che spazia vivacemente tra farsa, commedia, dramma e documentario. "Masturbarsi è fare sesso con la persona che si ama di più": prendere o lasciare. Voto 8

venerdì 25 gennaio 2008

American Gangster

di Ridley Scott (2008 - Durata 157')

Il sogno americano di un gangster nero si scontra con l'ideale di giustizia di un poliziotto bianco.
Tipico esempio di (presunto) film d'autore hollywoodiano, American Gangster è una mirabile produzione industriale più interessata a piacere che ad esprimere. Ridley Scott si crogiola nel film di genere, ripropone temi classici (il bene e il male, ma nel male si nasconde il bene e nel bene si nasconde il male, ohibò), si affida ad attori affermati e non bada a spese per costumi e scenografie, senza dimenticarsi di sciorinare (scontati) virtuosismi in fase di regia e montaggio. In cotanto lusso formale si distingue negativamente solo la sceneggiatura, semplicistica e mal bilanciata tra una prima parte sovraccarica di lungaggini descrittive e l'accademico finale esplosivo. Un vacua esibizione di talento. Voto 5,5


lunedì 21 gennaio 2008

La Leggenda di Beowulf

di Robert Zemeckis (2007 - Durata 114')

Un'orrendo mostro con l'otite è indispettito da vicini rumorosi. Uno sbraitante eroe giunge per risolvere la contesa, ma una terribile maledizione incombe sul suo destino.
Libero adattamento del noto poema epico anglosassone, "La Leggenda di Beowulf" è una vecchia storia di guerrieri raccontata con nuove tecniche di animazione tridimensionale. Mosso da istinti masturbatori, Robert Zemeckis allestisce uno stucchevole guazzabuglio di creature mostruose, esternazioni virili, violenza gratuita, onanismo tecnologico e modeste perversioni sessuali (omaccioni con il fisico scultoreo, tacchi a spillo e chiappe dorate). I rari spunti intriganti della sceneggiatura (rapporto tra umanità e mito, eredità e discendenza) si perdono tra urla sconclusionate e goffi tentativi di seduzione estetica, riducendo il film a una misera operazione commerciale, peraltro di dubbio gusto.
Una mostruosità mitologica. Voto 3,5

domenica 20 gennaio 2008

Transformers

di Michael Bay (2007 - Durata 144')

I robottoni buoni lottano contro i robottoni cattivi per salvare il mondo.
Cosa si può pretendere da un film tratto da una linea di divertenti giocattoloni ipotecnologici, se non un divertente giocattolone ipertecnologico? Accettando l'assunto ed evitando accuratamente ogni pretesa di verosomiglianza (soggetto e sceneggiatura ostentano una natura bambinesca), Transformers è un balocco per lo spettatore spensierato che ama trastullarsi con un costante bombardamento audio-visivo, qualitativamente eccellente e stilisticamente accettabile. Il gioco appaga per i suoi accessori, uno stuolo di mastodonti cibernetici piacevolmente caratterizzati che rubano facilmente la scena ai pupazzi umani, pur coinvolgendoli, tra un'esplosione e l'altra, in simpatici siparietti (auto)ironici. L'esasperazione della componente giocosa è però pregio e limite del prodotto: Michael Bay si lascia prendere la mano, trascura ogni approfondimento e genera a tratti confusione, soprattutto in fase di montaggio e di composizione dell'immagine, ma è un prezzo congruo da pagare. Per Bambini e Bambinoni. Voto 6

lunedì 14 gennaio 2008

Napoleon Dynamite

di Jared Hess (2004 - Durata 86')

Le vicende scolastiche e familiari del giovane Napoleon Dynamite.
Fenomeno di culto negli Stati Uniti, "Napoleon Dynamite" è un film colorato popolato di personaggi coloriti, intriso di ingenua espressività eighties. Senza preoccuparsi di allestire una trama, il regista Jared Hess si limita a descrivere la vacua esistenza dell'occhialuto protagonista, un nerd irrecuperabile con un guardaroba inguardabile, divisa tra dubbie frequentazioni (un ottuso messicano e una timida fotografa glamour) e un contesto familiare altrettanto improbabile (un fratello maggiore alienato e la sua procace fidanzata virtuale, uno zio imbecille e il suo camper, una nonna particolarmente dinamica e il suo lama), accumulando bozzetti, tic, buffe esclamazioni e sospiri asmatici. Il giochino è simpatico, la confezione è vezzosa (squisiti i titoli di testa) ed è apprezzabile la scelta di privare i protagonisti di ogni ambizione di riscatto sociale, ma nel complesso il film risente della sua ostentata vuotezza, non riuscendo ad essere nè coinvolgente, nè esilarante, ma solamente curioso. Voto 5

giovedì 10 gennaio 2008

L'Assassinio di Jesse James per Mano del Codardo Robert Ford

di Andrew Dominik (2007 - Durata 156')

L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford.
Titolo deliziosamente didascalico per un film deliziosamente prolisso. Dopo un prologo di spiazzante magnificenza visiva, Andrew Dominick sprofonda nelle angosce dei suoi protagonisti, descrivendo la determinazione dei ruoli e la loro ambiguità, il mito che si rivela umano (Jesse James) e l'umano che non può elevarsi a mito (Robert Ford), al di là di ogni similitudine. Il consapevole declino del riverito (anti)eroe, sofferente nel fisico e nell'animo, si contrappone all'irresponsabile ascesa del suo insofferente emulo, generando un rapporto teso, paranoico, perverso, in cui sensazioni e azioni si contraddicono e si confondono, fino al violento epilogo. Un epilogo che epilogo non è, perchè la morte è la dannazione dei viventi, ma la consacrazione del mito e Jesse è come un serpente che dopo la decapitazione continua a stringere il braccio del suo carnefice. Il film seduce per le sue atmosfere sepolcrali e le folgoranti soluzioni estetiche, ma anche per la prestazione memorabile dei suoi interpreti, dal suontuoso Brad Pitt al sorprendente Casey Affleck, senza trascurare i personaggi secondari, tra cui spicca la fugace apparizione di un dolente Sam Shepard e il cammeo di Nick Cave, co-autore dell'ispirata colonna sonora. Un'opera leggendaria. Voto 9

martedì 8 gennaio 2008

Lussuria - Seduzione e Tradimento

di Ang Lee (2007 - Durata 156')

Nella Cina degli anni '40 la Resistenza coinvolge una giovane studentessa che finisce per farsi coinvolgere troppo.
Leone d'Oro alla 64° kermesse veneziana, "Lust, Caution" è un film perfetto per essere premiato. Produzione egregia, recitazione inappuntabile, durata imponente, contesto storico di valenza internazionale e un narrare accomodante che culmina in un conturbante(?) momento artistico* giustificando vigorosamente il suo titolo (Vouyeur, Attenzione). Per carità, l'operazione funziona, ma ad una Mostra Internazionale d'Arte* Cinematografica non si dovrebbe premiare un'opera che sappia esprimere l'emozione pura dell'*ARTE? Voto 5,5

domenica 6 gennaio 2008

L'Alba dei Morti Dementi

di Edward Wright (2004 - Durata 96')

La squallida quotidianità di Shaun è insidiata da un'invasione di famelici zombie: riuscirà il nostro eroe a salvare sè stesso e i suoi cari da questa terribile minaccia?

Premesse di genere, per un film che finisce per non esserlo: "Shaun of the Dead" (non è il caso di sottolineare la grossolanità dell'adattamento italiano) schernisce con divertita intelligenza l'horror "autorale" (il riferimento a Romero non è ovviamente casuale), sfruttandone i clichè e gli spunti metaforici per creare un contesto paradossale in cui non è così facile distinguere i morti viventi dai vivi morenti. Un'idea espressa con irresistibile leggerezza, evitando la facile demenzialità parodistica e trovando un sorprendente equilibrio tra sgangherato divertimento e abile sfruttamento del linguaggio cinematografico. Dedicato a chi ama l'allegra monotonia di una serata al pub con gli amici, preferibilmente davanti a uno stuolo di cadaveri etilici. Voto 7

venerdì 4 gennaio 2008

Control - The Life of Ian Curtis

di Anton Corbijn (2007 - Durata 121')

La tormentata esistenza di Ian Curtis, leader dei Joy Division e figura fondamentale della scena musicale di fine anni settanta.
Anton Corbijn
imprime su una decolorata sindone i lineamenti di un messia dannato e distruttivo e fotografa l'epoca che ha accolto il suo avvento con lo sguardo lucido e riverente del devoto. Una biografia necessaria di un personaggio necessario, che nella dolorosa rielaborazione del pensiero decadente ha tentato di trasmettere la lezione della consapevolezza, ma si è arreso agli umani limiti del corpo, delle pulsioni, del talento. Un soggetto non facile, per aspettative e complessità della materia, che l'autore conduce brillantemente scegliendo un registro elegante e sommesso, che pone l'accento sui picchi emotivi del controverso artista, folgorante nel rassegnato vigore con cui esprime sè stesso. Un'opera da vedere (dalla fotografia, alla scenografia, al casting, tutto concorre ad una ricostruzione visiva puntuale ed efficace) ma anche da sentire, abbandonandosi al basso rutilante di Peter Hook e alla voce sepolcrale di Ian Curtis e lasciandosi coinvolgere in una triste storia che deve essere ricordata. Voto 7,5